Le Ali di un Sogno

Le Ali di un Sogno (il giro del mondo in 220 giorni)

Londra aeroporto di Heathrow. Dopo due anni di duro lavoro, finalmente il giorno tanto atteso era arrivato. Era il quindici Marzo del 2000, il giorno in cui sarei partito per realizzare quel sogno che per molto tempo avevo atteso pazientemente: fare il giro del mondo. Nel precedente viaggio in Australia, parlando con dei ragazzi inglesi, scoprii che avevano un biglietto aereo chiamato “Around the world flight ticket ”. Un biglietto che gli consentiva di fare il giro del globo terrestre facendo degli scali nei paesi prescelti, per tornare poi nella stessa città di partenza (il più delle volte Londra).

Fui molto colpito da questa cosa, poiché non ne avevo mai sentito parlare prima ed inoltre perché i miei viaggi erano sempre stati caratterizzati da biglietti di sola andata e ritorno. Da allora diventò il mio obiettivo primario, niente sarebbe stato più importante che poter compiere un giro completo intorno alla terra.
Molti erano gli itinerari tra cui potevo scegliere, ma decisi di crearmene uno abbastanza semplice, al fine di apprezzare di più ciò che avrei visto. Solo due importanti condizioni non dovevano venire meno, la stagione dei ciliegi in fiore (cherry blossom) in Giappone ed il mosaico di colori autunnali in Canada.
Inizio il mio viaggio in Cina, paese ricco di storia, arte, cultura, religioni e misteri. Prima di arrivare, due erano le preoccupazioni più grandi, la prima era ovviamente legata alle possibili difficoltà che avrei trovato nel comunicare non conoscendo il cinese, l’altra era quella di non riuscire a prendere i treni giusti per i vari spostamenti, considerando i caratteri indecifrabili della loro scrittura. Fortunatamente queste paure sono sempre state superate gesticolando, usando la mia guida o con l’aiuto di persone incontrate durante il viaggio. Arrivo a Pechino, la grande città imperiale, e la cosa che per prima mi colpisce è il traffico. Una miriade di biciclette e carretti che si intrecciano nella confusione più totale, alla quale si aggiungono le auto e i mezzi pubblici. Tutto ciò, mi appare comunque, nuovo e divertente, allora non perdo tempo e noleggio una delle loro vecchie biciclette, per entrare nel vivo di quel caos. Un giorno intero in giro per la città, e mi diverto da matti!!
Un’altra situazione buffa e piacevole da vivere è il momento del pranzo, nelle varie tavole calde o agli angoli delle strade dai cuochi ambulanti. Non parlo il cinese ed i menù sono solo in lingua, (eccetto nei luoghi turistici, disponibili anche in inglese) quindi non capisco un accidente. La tecnica è sempre la stessa e cioè, trovare un ambiente dove altre persone stiano mangiando, curiosare tra i tavoli ed indicare infine al cameriere o al cuoco, il piatto desiderato. Mangio sempre con molto appetito, ma il più delle volte non riconosco gli ingredienti. Bisogna avere un grande spirito di adattamento ed essere di stomaco forte, in modo particolare di fronte agli odori molto intensi e a volte disgustosi. Ed inoltre anche al fatto che i cinesi sputano continuamente emettendo un suono poco gradevole.
Da Pechino proseguo poi la mia avventura verso Hong Kong. Le tappe sono molteplici, mi sposto con treni ed autobus incontrando moltissime persone gentili e disponibili, nonostante le difficoltà comunicative. I paesaggi che scorrono davanti ai finestrini, sono bellissimi e diversi, soprattutto nella regione dello Yunnan. Sorprendente l’ingegneria contadina delle loro risaie. E’ un popolo davvero intelligente, lo posso dire non solo vedendo quello che riescono a fare con i pochi mezzi che hanno a disposizione, ma anche, dialogando con qualche conoscitore della lingua inglese, denotano un’ apertura mentale che mi lascia stupito.
Trascorro anche alcuni giorni in un piccolo villaggio, Xhiae, con abitanti tibetani ed un monastero di monaci buddisti. Nel villaggio regna un’atmosfera di pace e di preghiera che mi tiene lontano, anche se per poco, dal trambusto delle città. Qui mi succede uno dei tanti curiosi incontri della mia esperienza, infatti mentre ammiro le montagne circostanti della valle, vedo un piccolo uomo tornare dai prati vicini e avvicinarsi incuriosito. Arrivatomi davanti inizia a toccarmi la pelle del viso, è attratto dal mio orologio e dai peli della mano. Bisbiglia qualcosa nella sua lingua, la sua faccia lascia trasparire un certo stupore come se avesse visto un uomo di un altro pianeta. Durante il mio soggiorno, apprendo nuove informazioni sulla vita dei tibetani e sui monaci buddisti del tempio.
Riprendo nuovamente il treno, ed incontro una ragazza cinese che parla inglese, passiamo due giorni insieme, ed ho l’opportunità di vedere luoghi e vivere circostanze che da normale turista non avrei potuto immaginare. Il giorno della mia partenza mi regala un fazzoletto di seta che diventa tesoro dei miei ricordi.
Il viaggio prosegue e dopo tante tappe, incontri e scenari arrivo ad Hong Kong.
Da qui, dopo una sosta di tre giorni, volo a Fukuoka, nel sud del Giappone. Il paese delle piccole cose, dei contrasti, delle geishe, dell’elettronica, dei cartoni animati, dei treni ultra veloci e tanto altro per affascinare chiunque. Avevo deciso di inserirlo solo perché sarebbe stata un’opportunità, forse irrepetibile, per andare a trovare tutti quegli amici che avevo conosciuto in vari angoli del mondo negli anni precedenti. Dopo tre settimane giungo a Tokyo e da qui si vola a Cairns nel nord est di quell’Australia che avevo lasciato tre anni prima. M’incontro con un vecchio amico che, molto cortesemente, mi da dei preziosi consigli sulla sua terra natale: la Papua Nuova Guinea. Decido di acquistare un biglietto aereo per questo paese, malgrado le condizioni di vita di alcuni villaggi siano ancora primitive. Non mi frena nemmeno l’alto rischio della malaria.
Arrivo all’aeroporto di Lae, chiedo un passaggio ad una coppia di australiani che gentilmente mi portano in città dove trovo da dormire. Lungo la strada vedo gente senza scarpe, molti impugnano un machete, persone sedute ai bordi della foresta, i villaggi di case molto semplici, insomma l’impatto è forte ed avverto un po’ di paura. E’ la prima volta che vado in un paese così poco sviluppato e per i primi tre/quattro giorni sono molto teso e preoccupato. Poi con il passare dei giorni e con il venire a contatto delle persone, capisco che non è poi così pericoloso ed inizio ad essere più sereno e tranquillo.
Piedi scalzi, machete fanno parte del loro vivere quotidiano. Imparo molto di questo popolo che tanto deve fare per riempire quella spaccatura che c’è con il mondo moderno. Notevole è il lavoro svolto dai missionari, volontari e associazioni benefiche che cercano di aiutare questo paese a svilupparsi. La prima parte del mio soggiorno sembra però poco interessante, ma nella seconda parte apparirà più ricca e affascinante. Mi trovo nella parte nord della Papua, qui con una ragazza australiana decido di andare a vedere alcuni villaggi che si trovano lungo il fiume (qui famoso) Sepik, noto per il commercio della pelle di coccodrillo, delle maschere, le sculture in legno e per i tanti villaggi che si affacciano sul fiume con condizioni di vita ai limiti umani. Trascorriamo alcuni giorni molto intensi ed affascinanti, veniamo ospitati nelle loro capanne. Ci laviamo con l’acqua del fiume, e dobbiamo stare sempre attenti a ciò che mangiamo ed alle zanzare, visto che questa zona è la più rischiosa per la malaria.
Proseguendo il mio viaggio da solo, mi accorgo, nei vari spostamenti in traghetto o autobus, di essere osservato di continuo, il colore della mia pelle risulta ai loro occhi alquanto strano. Raggiungo il piccolo villaggio di Aseki, dove vengo ospitato da un insegnante e dalla sua famiglia, resto lì per tre giorni dormendo e mangiando come loro ospite. Mi sono recato in questo villaggio perché voglio vedere i corpi mummificati. Non veniva, infatti, praticato il culto dei morti fino a che i missionari non hanno insegnato loro la sepoltura. Chiedo il permesso al proprietario del terreno dove riposano i corpi e vengo accompagnato da alcune persone del villaggio ad “ammirarli” e fotografarli. Lo “spettacolo” che si presenta davanti ai miei occhi è qualcosa di assurdo, ho il cuore in gola e per un momento non capisco se sto sognando. Lascio il villaggio, vengo accompagnato dall’insegnante e quindi rimango ospite per un’altra settimana da sua sorella nella città di Lae. Imparo a condividere quello che ho, come loro fanno con me e mi sento ormai un membro della famiglia. Quando poi mi accompagnano all’aeroporto, sono lacrime d’addio.
Ritorno a Cairns per raggiungere poi Sydney, città dove avevo lasciato vecchi amici ed ex colleghi di lavoro. Che sensazione strana rivedere persone e luoghi…ricordare momenti di un capitolo ormai passato.
Da qui, dopo circa due settimane vado prima nelle isole Fiji (nonostante la precaria situazione politica, giugno 2000) e poi nelle isole Tonga. Dopo Cina, Giappone, e Papua Nuova Guinea decido di godermi questi angoli di paradiso per circa 50 giorni. Una favola, in una cornice di stelle, mare, palme ed altro ancora. Dalle isole Fiji volo a Los Angeles, dove pochi giorni dopo mi trovo con due miei amici italiani: Massimo e Giovanni. Avevano deciso di trascorrere le loro vacanze estive negli U.S.A. Noleggiamo insieme una macchina per andare alla scoperta dei parchi più belli, e degli scenari più affascinanti e nascosti. Tante le chiacchierate, i pensieri, le risate e le sensazioni di quelle tre settimane. Dopo averli salutati a San Francisco, proseguo verso il Canada. Da Vancouver allo stato del Quebec, 40 giorni nella natura canadese. Dalla città di Montreal salgo sul bus, che mi porta in uno dei più straordinari e affascinanti “ammassi di cemento” mai visto prima, New York.
Circa cinque giorni e poi il volo verso Londra.
Nell’ultimo volo, la mente è un susseguirsi di immagini, sentimenti e piccoli rimpianti, ma c’è una consapevolezza: ho realizzato il giro intorno al globo terrestre. Innumerevoli sono stati gli incontri fatti, gli “amori”, le paure i pensieri e le soddisfazioni, i momenti fugaci e le immagini che solo la mia mente può conservare. Ogni paese visitato ha una sua storia ed un suo fascino, anche se Cina e Papua Nuova Guinea mi hanno colpito maggiormente, perché molto diversi dal mio mondo.
E’ difficile spiegare a parole le sensazioni e le emozioni che posso aver provato. Tutto ciò che ti lascia dentro il viaggiare può capirlo solo chi viaggia.

Gaetano Favaro